Prima dello sviluppo dei
controllori a logica programmabile (l'acronimo ‘PLC’ deriva dall'inglese
“Programmable Logic Controller”), i sistemi automatici
erano gestiti da dispositivi elettromeccanici cablati, pneumatici o
idraulici, espressamente studiati per ogni specifica applicazione.
Queste realizzazioni rendevano gli impianti difficilmente modificabili,
e quindi inadatti a soddisfare le esigenze di una sempre maggiore adattabilità
alle specifiche di produzione (necessità di ammodernare continuamente
l'impianto, e/o di modificare la produzione in maniera veloce ed economica).
L'elemento su cui si
basava la realizzazione della logica nei sistemi automatici, prima degli anni
’60, era il “relè”.
Mediante l'uso di questi
dispositivi elettromeccanici è possibile realizzare tutta una serie di regole
(ad esempio: se una serie d’interruttori sono aperti, e contemporaneamente
un'altra serie di interruttori sono chiusi, allora si attivare una determinata
uscita), utilizzando logiche anche abbastanza complesse. Grazie a questa loro
caratteristica i relè furono, di fatto, dei componenti insostituibili fino agli
anni ’65 – ’70.
Le loro dimensioni, di
certo non ridottissime, facevano sì che gran parte dei controlli per
l'automazione industriale richiedessero, per essere implementati, l'utilizzo
d’interi armadi pieni di relè (non era raro trovare intere pareti di questi
contenitori, adibiti al controllo dei processi più complessi).
Abbiamo già anticipato che mediante i quadri a relè era necessario realizzare funzioni logiche anche
molto complesse, per questo motivo si preferì basare la loro progettazione su
una schematizzazione della realtà, che attraverso l'utilizzo di una simbologia
abbastanza intuitiva, mirasse a semplificare il lavoro dei progettisti.
Un esempio di questa schematizzazione è riportato nella slide seguente, ove è rappresentato il
progetto di un dispositivo a relè, in grado eseguire contemporaneamente un
‘AND’ ed un ‘OR’, su tre ingressi distinti (‘R0’, ‘R1’,
‘R2’).
La forza di questa schematizzazione sta nel riuscire ad evidenziare la logica delle
operazioni, pur utilizzando notazioni d’immediata interpretazione elettrica
e quindi facilmente comprensibili per un qualsiasi tecnico dell'epoca (bisogna
tener conto, infatti, che prima degli anni ’60 le culture tecniche dominanti
nel campo dell'automazione industriale erano: la meccanica e l’elettrotecnica;
l'elettronica non aveva ancora lo spazio che avrebbe conquistato solo in
seguito e le discipline informatiche stavano muovendo i loro primi passi
e non facevano certo parte del patrimonio culturale di base degli operatori del
settore).
Il diagramma mostrato nella slide precedente va quindi interpretato proprio come un circuito
elettrico, in cui la tensione d’alimentazione è applicata tra i due nodi
principali del circuito (contrassegnati con “Fase” e “Neutro”
nello schema precedentemente mostrato), dai quali dipartono una serie di rami o
“pioli” (per comodità nel prosieguo chiameremo “pioli” i rami
compresi tra i due nodi principali, pensando all'intero circuito come ad una
scala a pioli), che, almeno in prima analisi, possiamo dividere in due
categorie funzionali distinte:
Quelli utilizzati per schematizzare l'associazione tra gli ingressi
del circuito e la rete d’alimentazione delle bobine dei relè ivi
impiegati.
Quelli utilizzati per implementare le operazioni logiche che devono
essere eseguite in contemporanea. Infatti, ognuno dei pioli di
questa seconda categoria, implementa una serie d’operatori logici che dovrà essere
eseguita “in parallelo” a quelle contenute negli altri pioli,
esattamente come in parallelo sono i rami del circuito elettrico che le
rappresentano
Ovviamente questa distinzione non va interpretata in modo rigoroso, poiché al crescere
della complessità del circuito diventa spesso necessario inserire bobine
d’attivazione anche all'interno della seconda categoria di pioli
Per comprendere meglio il significato di ognuno dei simboli utilizzati nella schematizzazione vista, è
opportuno fare un passo indietro, per comprendere il processo attraverso il
quale si è passati dal circuito “fisico”, a quello “schematico”.
|