Fin dalla definizione
delle specifiche originali (General Motors del 1968), si è sempre cercato di
rendere il PLC un dispositivo facilmente programmabile. Questo ha
fortemente condizionato la nascita e lo sviluppo dei linguaggi di
programmazione dei PLC. Inizialmente si trattava di realizzare una macchina programmabile,
che consentisse di realizzare la logica di controllo in modo analogo a quello
utilizzato fino a quel momento. Successivamente il successo dei linguaggi
proposti inizialmente, la necessità di garantire la compatibilità con le
realizzazioni precedenti e la difficoltà di reperire programmatori qualificati,
hanno consigliato di mantenere l'approccio alla programmazione adottato
inizialmente, arricchendolo all’occorrenza con opportune alterazioni.
Solo più recentemente s’è
avvertita in maniera forte l'esigenza di ricorrere a strumenti più sofisticati
per la progettazione software. In considerazione della natura molto specifica
dei PLC e delle competenze disponibili da parte degli utilizzatori, non si è
fatto ricorso ai linguaggi sviluppati per l'informatica gestionale, ma si sono
definiti linguaggi ad alto livello specifici. Nei modelli più
sofisticati, basati su mP, è possibile integrare il classico ambiente di
programmazione PLC (che è sempre utilizzato per la logica di impianto) con compilatori
di linguaggi standard tipo: Fortran, Basic, Pascal o C.
Questo accadde soprattutto per quanto riguardo la gestione delle comunicazioni,
delle interfacce operatore e per la realizzazione di complessi algoritmi
di regolazione o di calcolo.
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